“Iure Sanguinis”

La richiesta di riconoscimento del possesso della cittadinanza italiana iure sanguinis, e cioè attraverso la linea di sangue, riguarda i discendenti di cittadini italiani nati in uno Stato che prevede la cittadinanza ius soli (cioè chi nasce in quello Stato ne è cittadino).
La competenza ad effettuare il riconoscimento della cittadinanza italiana è del Sindaco del Comune dove l'interessato ha stabilito la residenza.

Si precisa che per il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis non è possibile:

  • l'iscrizione anagrafica quale persona senza fissa dimora, in quanto requisito indispensabile per l'iscrizione anagrafica è la dimora abituale e non il domicilio, e la circolare k.28.1/1991 non fa riferimento all'art.2 della L. n. 1228/1954, ma all'art.3 del d.P.R. n. 223/1989;
  • l'iscrizione nello schedario della popolazione temporanea poichè tra i motivi richiesti dalla normativa per tale iscrizione non vi è quello relativo al riconoscimento della cittadinanza, ed inoltre la circolare k.28.1/1991 non fa alcun riferimento all'art.8 della L. n. 1228/1954
  • avvalersi di un legale rappresentante del richiedente o di qualcuno in sua vece, in quanto dovrà essere verificata la dimora abituale dell'interessato.

Il Ministero dell’Interno con proprie Circolari n. 26 del primo giugno 2007, e la n. 4 del 20 gennaio 2009, ha sottolineato l’importanza che gli ufficiali di stato civile prestino la massima attenzione «nell’acquisizione e nella valutazione dei documenti che vengono presentati ai fini dell’acquisizione della cittadinanza italiana per discendenza ... al fine di contrastare e prevenire il fenomeno della falsificazione degli atti nell’ambito delle procedure in materia di cittadinanza. Tanto considerato si ribadisce la necessità dell’effettuazione di maggiori e più accurati controlli sui documenti presentati a corredo delle pratiche di riconoscimento della cittadinanza italiana.».

Pertanto, l’ufficiale di stato civile deve sempre effettuare verifiche approfondite relativamente agli atti prodotti, ed, in caso di dubbio, prendere contatti con il Consolato competente per accertare la veridicità del documento presentato.

CHI


I cittadini stranieri maggiorenni discendenti di cittadini italiani.

 

 

 COME


Per la richiesta di residenza è necessario rivolgersi all'Ufficio Anagrafe.
Per il riconoscimento della cittadinanza italiana è necessario rivolgersi all'ufficio di stato civile
E' necessaria l'iscrizione nell'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) per richiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana quale discendente di cittadino italiano.



   COSA SERVE

 


La procedura per l'iscrizione anagrafica
I documenti da presentare al momento della presentazione della domanda di iscrizione in anagrafe sono i seguenti:

1 - istanza di iscrizione anagrafica;
2 - passaporto o documento equipollente in corso di validità;
3 - un valido titolo di soggiorno tra quelli seguenti:

  • permesso di soggiorno;
  • per coloro che sono entrati in Italia direttamente da un paese che non applica l'accordo di Shengen, il timbro Shengen sul passaporto apposto dall'autorità di frontiera;
  • per coloro che sono entrati in Italia direttamente da paesi che applicano l'accordo di Shengen, copia della dichiarazione di presenza resa dal Questore entro 8 giorni dall'ingresso, ovvero della dichiarazione resa, ai sensi dell'art.109 del r.d. n.773/1931, ai gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive;

4 - documentazione idonea a dimostrare il possesso dei requisiti necessari per poter avviare il procedimento finalizzato al riconoscimento della cittadinanza italiana ai sensi dell'art.13, c.1, della L. n.91/1992;
5 - codice fiscale;
6 - documenti originali, in regola con le norme sulla traduzione e la legalizzazione, comprovanti lo stato civile e la composizione della famiglia (si tratta di documentazione non obbligatoria ai fini dell'iscrizione anagrafica, che però risulta indispensabile affinchè l'ufficiale d'anagrafe possa legittimamente registrare agli atti i dati gli status personali e familiari);

L'iscrizione anagrafica è subordinata, prioritariamente, alla verifica di alcuni requisiti, in particolare quello della dimora abituale, pertanto l'ufficiale di anagrafe dovrà controllare la veridicità delle dichiarazioni dell'interessato attraverso accertamenti, anche ripetuti presso l’abitazione dichiarata dal richiedente, tramite il corpo della Polizia Municipale, mediante l'acquisizione di informazioni da parte di amministrazioni e uffici pubblici e privati.
In mancanza di uno dei requisiti richiesti, l'ufficiale di anagrafe dovrà rigettare l'istanza di iscrizione anagrafica.

Qualora il procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana non si concluda entro i primi 90 giorni dall’ingresso in Italia, il cittadino straniero dovrà richiedere, se non ne fosse già in possesso, un permesso di soggiorno per riconoscimento della cittadinanza italiana (art.11, c.1, lett. c del d.P.R. n.394/1999).
Una volta iscritto in anagrafe, lo straniero inizierà il procedimento per il riconoscimento della cittadinanza italiana, presentando i documenti necessari.

Presentazione della domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana
Documentazione da consegnare:

  • estratto dell’atto di nascita dell’avo italiano emigrato all’estero rilasciato dal comune italiano ove egli nacque;
  • atti di nascita, muniti di traduzione ufficiale italiana, di tutti i suoi discendenti in linea retta, compreso quello della persona che chiede il riconoscimento della cittadinanza italiana;
  • atto di matrimonio dell’avo italiano emigrato all’estero, munito di traduzione ufficiale italiana se formato all’estero;
  • atti di matrimonio dei suoi discendenti, in linea retta, compreso quello dei genitori della persona che chiede il riconoscimento della cittadinanza italiana;
  • certificato rilasciato dalle competenti Autorità dello Stato Estero di emigrazione, munito di traduzione ufficiale in lingua italiana, attestante che l’avo italiano a suo tempo emigrato dall’Italia non acquistò la cittadinanza dello Stato estero di emigrazione anteriormente alla nascita dell’ascendente dell’interessato (certificato di non naturalizzazione straniera a nome del richiedente la cittadinanza, con tutti i possibili cognomi/nomi/alias in cui l'avo è indicato sugli atti di stato civile), o certificato di naturalizzazione con data di acquisto della cittadinanza straniera ben chiara (diversamente è necessario presentare copia della sentenza di naturalizzazione straniera da cui risulta la data del giuramento), che deve essere successiva alla nascita del figlio, nonché ascendente dell’istante);
  • passaporto
  • istanza in marca da bollo da 16.00 euro per riconoscimento cittadinanza italiana iure sanguinis (allegato);

I documenti di stato civile devono essere tradotti integralmente e legalizzati, e devono riguardare tutta la discendenza: dall'avo, cioè il parente partito dall'Italia, fino al rivendicante il possesso della cittadinanza per sangue (l’atto di morte è necessario solo per l’avo emigrato che sia nato prima della costituzione del Regno d’Italia. Tale atto, benchè non indicato nella circolare del 1991, serve a verificare che il decesso sia avvenuto dopo il 17 marzo 1861).

Discordanze tra gli atti presentati
In caso ci siano nomi, cognomi, date di nascita, età errati, altri errori, incongruenze e più in generale mancanza di corrispondenze sugli atti di stato civile, queste discordanze vanno rettificate dall’Autorità Straniera.

Relativamente alle discordanze, si ricorda quanto disposto dalla Direzione Centrale per i Diritti Civili, la Cittadinanza e le Minoranze del Ministero dell’interno e comunicato a questo Ufficio con nota prot. n. 9511 del 14/03/2014: “…condizione imprescindibile per poter procedere al riconoscimento in via amministrativa dello status civitatis jure sanguinis nei confronti di discendenti italiani emigrati all’estero è la dimostrazione inequivocabile documentalmente comprovata, della discendenza di costoro dal soggetto originariamente investito dello status di cittadino … attese le numerose discordanze esistenti tra gli atti prodotti che non hanno consentito una sicura ricostruzione della discendenza, né l’acquisizione di elementi certi sulle vicende di cittadinanza degli avi dell’interessato… solo le Autorità straniere possono sanare le predette discordanze attraverso l’effettuazione delle opportune verifiche, ove ne sussistano i presupposti”.
L’Ufficiale di Stato Civile è un’autorità amministrativa che si avvale, nello svolgimento dei suoi compiti, di prove esclusivamente documentali e quindi necessita degli atti indicati per legge e non può prestarsi a “interpretare” quanto ricevuto; ai sensi dell’art. 9 del d.P.R. 396/2000 “l’ufficiale dello Stato Civile è tenuto ad uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal Ministero dell’interno”.
Le discordanze riscontrate verranno comunicate agli interessati secondo quanto previsto dalla L. n. 241/1990, che regolamenta il procedimento amministrativo; in base a quanto previsto dall’art. 10 bis si procederà a comunicare quanto, negli atti di Stato Civile stranieri, dovrà essere rettificato dall’Autorità Straniera.
Se entro dieci giorni dalla notificazione le correzioni richieste non verranno effettuate, si procederà, ai sensi dell’art. 7 del d.P.R. 396/2000, al rifiuto della domanda.

Accertamento delle condizioni da parte dell'Ufficiale dello Stato Civile

  • che il richiedente il riconoscimento della cittadinanza italiana sia effettivamente discendente da cittadino italiano.

Il Regno d’Italia fu costituito il 17 marzo 1861. Il Veneto entrò a farne parte nel 1866, ed il Friuli Venezia Giulia dal 16 luglio 1920.
Gli uffici di stato civile sono stati costituiti nel Regno dal primo gennaio 1866, mentre nel Veneto dal primo settembre 1871 e nel Friuli Venezia Giulia e in Trentino dal primo settembre 1924.
L’avo dal quale deriva la cittadinanza italiana del richiedente deve essere nato successivamente alla data di costituzione del Regno d’Italia, o alla data di annessione degli altri territori. Se è nato prima, e poi si è trasferito all’estero, occorre verificare la data della sua morte, che deve essere avvenuta successivamente alle sopraindicate date: in tal caso l’avo è deceduto come cittadino italiano, potendo quindi trasmettere il nostro status civitatis.
Se l’avo è nato prima della istituzione degli uffici di stato civile e, quindi, non è possibile avere il suo atto di nascita, l’interessato deve presentare il certificato di battesimo rilasciato dalla parrocchia, autenticato dalla Curia Vescovile competente.
In vigenza dell’art. 1 della abrogata legge 13 giugno 1912, n. 555, la cittadinanza veniva trasmessa solo per via paterna; la madre poteva trasmetterla solo in particolari situazioni. Solo nel 1983 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale tale articolo, stabilendo che la cittadinanza italiana potesse essere trasmessa anche dalla madre, con decorrenza dal primo gennaio 1948.
Alla luce di ciò l’ufficiale di stato civile nell’esaminare gli atti presentati dal richiedente il riconoscimento deve prestare attenzione alle date di nascita dei discendenti dell’avo, e, se sono nati da madre prima del primo gennaio 1948, essi non sono italiani, e la trasmissione della cittadinanza si è interrotta.
Può capitare che il richiedente non possa produrre un atto di nascita dei discendenti, in quanto mai formato nel Paese straniero, oppure presenti un documento denominato «negativo di nascita». In mancanza di tale atto non si può procedere, perchè non si può verificare la continuità della discendenza. In questi casi l’ufficiale di stato civile deve rifiutare la richiesta di riconoscimento indicando i motivi del rifiuto.
Gli interessati potranno veder soddisfatta la loro richiesta soltanto rivolgendosi alla autorità giudiziaria.

  • che la trasmissione della cittadinanza italiana non si sia interrotta per la naturalizzazione straniera dell’avo prima della nascita del suo discendente diretto.

Per verificare tale requisito il richiedente deve presentare un certificato rilasciato dall’autorità straniera competente dal quale risulti che l’avo italiano emigrato non si sia naturalizzato, cioè non abbia acquistato la cittadinanza dello Stato estero di emigrazione.
Anche tale documento deve essere in regola con le formalità della traduzione e legalizzazione.
Nel caso sia avvenuta la naturalizzazione, l’avo ha perso la cittadinanza italiana, e, pertanto, ha interrotto la trasmissione della stessa ai suoi discendenti, che sono rimasti in possesso solo della cittadinanza straniera «iure loci».

  • che la trasmissione della cittadinanza non si sia interrotta per rinuncia alla cittadinanza stessa espressa da un ascendente del richiedente, o dal richiedente stesso.

A questo punto l’ufficiale di stato civile, dopo aver ottenuto tutta la documentazione, deve chiedere al Consolato competente per residenza del richiedente e dei suoi ascendenti una attestazione dalla quali risulti che nessuno (dall’avo italiano emigrato al richiedente il riconoscimento della cittadinanza) abbia mai espresso rinuncia alla cittadinanza italiana.
Per verificare correttamente quale sia il Consolato competente a cui richiedere la sopracitata attestazione, è indispensabile che nel presentare la richiesta per il riconoscimento della cittadinanza italiana, l’interessato sia quanto più possibile preciso nell’indicare i luoghi di residenza e di formazione degli atti di stato civile di se stesso e dei suoi ascendenti.


  TERMINI E SCADENZE

 

Per la cittadinanza iure sanguinis, i tempi sono quelli previsti dal Regolamento Comunale sul Procedimento Amministrativo, come modificato dalla delibera del Consiglio Comunale n.14 del 25/03/2021, ovvero 180 giorni, al netto dei tempi di risposta dei Consolati Italiani all'estero.
Per il rilascio di certificati ed estratti ai fini dell'acquisto della cittadinanza italiana, i tempi sono quelli previsti dall'art. 14 c.2-bis del d.L. n.113/2018, come convertito con L. n.132/2018, ovvero 6 mesi dalla data della richiesta.

 

 

NOTE
Riconoscimento della discendenza da ceppo italiano da parte di cittadini brasiliani discendenti da avi italiani rientranti nel decreto brasiliano del 1889, c.d. della "Grande Naturalizzazione"

Il Ministero dell’Interno, con la Circolare n. prot. 6497 del 6 ottobre 2021, diramate ai comuni dalle Prefetture, in tema di riconoscimento della cittadinanza italiana — a fronte dei numerosi procedimenti amministrativi di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis, ed in attesa che venga fatta luce in modo definitivo da parte della Cassazione sulla controversa materia del riconoscimento della discendenza da ceppo italiano da parte di cittadini brasiliani discendenti da avi italiani rientranti nel decreto brasiliano del 1889, c.d. della Grande Naturalizzazione — ha invitato gli uffici di stato civile ad effettuare una cernita e una valutazione delle singole richieste di riconoscimento di cittadinanza facendo una distinzione fra quelle rientranti nella normativa brasiliana del 1889 e le altre.

Al riguardo il Ministero si è pronunciato nel senso che «si potrà dare priorità alla definizione delle pratiche di cittadinanza iure sanguinis nelle quali sia vantata discendenza da dante causa non interessato dalla Grande Naturalizzazione Brasiliana del 1889, lasciando le pratiche interessate dalla stessa alla trattazione in un momento successivo, nel quale l’orientamento giurisprudenziale sarà maggiormente consolidato, auspicabilmente con una pronuncia della Corte di Cassazione».

Poiché le richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana vengono esaminate dai Consolati e dagli ufficiali dello stato civile secondo le prescrizioni di cui alla Circolare n. K.28.1 del 1991, per i richiedenti provenienti dal Brasile si impone la verifica dell’anno in cui il dante causa dell’istante si fosse trasferito e/o risiedesse e/o fosse nato in Brasile, stante l’intervenuta naturalizzazione del 1889 e le discipline italiane succedutesi, al fine di accertare se lo stesso abbia o meno perso la cittadinanza italiana (senza quindi poterla poi trasmettere) in base alle disposizioni allora vigenti.

Il Ministero che, con la Circolare in commento, ha informato gli Uffici governativi periferici e i Consolati, e, di conseguenza, anche i Comuni, in ordine alle nuove «linee interpretative tratteggiate in importanti pronunce giurisprudenziali» che «potranno sin d’ora essere tenute presenti dagli ufficiali dello stato civile dei Comuni investiti delle relative pratiche, in particolare per stabilire l’ordine di trattazione delle domande».

La direttiva ministeriale non dice di rifiutare le istanze di riconoscimento iure sanguinis ogniqualvolta vi fosse un avo che avesse acquisito la cittadinanza brasiliana per effetto del decreto della Grande Naturalizzazione, ma raccomanda che, stante l’attuale evoluzione interpretativa della giurisprudenza, sia opportuno, trattandosi di effetti incidenti su diritti personali importanti per i soggetti coinvolti, che «non si decida», ossia che non si definisca il procedimento sia nel senso positivo per il rivendicante, sia nel senso a lui negativo.
Al momento si ritiene che all’ufficiale dello stato civile non resta altro che adeguarsi alle direttive impartite dall’Organo di indirizzo (Ministero) e di vigilanza (Prefettura), ex art. 9 del d.P.R. 396/2000, vertenti su una materia prettamente di spettanza statale che vede, in caso di contenzioso, parte processuale convenuta proprio il Ministero dell’Interno.
Si rammenta inoltre come l’attività dell’ufficiale dello stato civile è ulteriormente vincolata da quanto indicato nel già ricordato art. 9 del d.P.R. 396/2000, al primo comma, “L’ufficiale dello stato civile è tenuto ad uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal Ministero dell’interno.”. In proposito, occorre ricordare il carattere vincolante delle circolari ministeriali nell’attività dell’ufficiale dello stato civile, come sottolineato da numerosa giurisprudenza:

Riconoscimento giudiziale della cittadinanza italiana iure sanguinis: necessità che la pronuncia del Tribunale sia definitiva
L'ufficiale dello stato civile per poter provvedere alla trascrizione nei registri di sentenze o ordinanze dichiarativa della cittadinanza italiana iure sanguinis, deve controllare che l'istanza di trascrizione sia accompagnata dall'apposita attestazione di cancelleria (ovvero del certificato di passaggio in giudicato), di cui l'art.124 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale.
In questo senso si è espressa la giurisprudenza in due sentenze: Tribunale di Mantova, prima sezione civile, decreto del 16/09/2021, e il Tribunale Ordinario di Treviso, prima sezione civile, sentenza del 28/09/2021.
In particolare le sentenze hanno richiamato la "giurisprudenza di legittimità secondo cui le sentenze di accertamento e quelle costitutive non hanno, ai sensi dell'art.282 del codice di procedura civile, efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato, atteso che la norma citata, nel prevedere la provvisoria esecuzione delle sentenze di primo grado, intende necessariamente riferisi soltanto a quelle sentenze (di condanna) suscettibili del procedimento disciplinato dal terzo libro del codice civile.".

 

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